62 milioni di tonnellate di merce movimentata in un anno. Basterebbe citare questo dato del 2017 per sottolineare – laddove ce ne fosse ancora bisogno – il ruolo di primo piano del porto di Trieste nell’ambito degli scambi commerciali che avvengono nel Mediterraneo e tra Europa e Asia. "Porto franco" per volere di Carlo VI d’Asburgo, nel corso dei secoli l’area portuale di Trieste ha costantemente mutato il proprio volto, e ciò per stare a passo con i tempi.
Una sfida con la modernità che, a ben vedere, continua anche ai giorni nostri: mantenere un primato, dopotutto, non è cosa semplice. Cionondimeno, Trieste appare più che attrezzata per affrontare nuove avventure. Tra queste, far fronte all’ingente traffico crocieristico “ereditato” da Venezia, che potrebbe rappresentare un interessante mercato nel quale investire risorse importanti.
La ricchezza di Trieste, tuttavia, non si limita al suo porto. La città è da sempre un prestigioso salotto mitteleuropeo (il celeberrimo Caffè San Marco, tra i più noti del capoluogo giuliano, era frequentato da scrittori del calibro di Italo Svevo, Umberto Saba e James Joyce, solo per citarne alcuni). Trieste, città di confine, è anche crocevia di popoli diversi tra loro ma che sono stati capaci di convivere pacificamente.
Il successo di questa integrazione lo si riscontra non soltanto nella presenza in città di luoghi di culto diversi da quelli cattolici, ma anche nella tradizione culinaria triestina, che annovera piatti austriaci, ungheresi eccetera.